Avrete notato come medici, psicologi, psicoterapeuti, o comunque chi per professione si occupa di benessere, invitino in genere le persone ad ascoltare i propri bisogni, le proprie emozioni, a mettere l’attenzione su se stessi piuttosto che sugli altri.
Spesso l’obiezione che viene fatta è che questo in qualche modo costituisce un invito all’egoismo. Ma è vero? Per stare bene, per dare un senso alla propria vita, per ricercare la propria felicità bisogna essere egoisti?
In realtà esiste una profonda differenza tra autorealizzazione ed egoismo. Immaginiamo, appunto, di avere, come in un videogioco, una certa quantità di energia. Questa energia, per sua natura, come anche il tempo, è limitata. Possiamo decidere di spenderla in due modi: all’esterno, e quindi in riferimento agli altri ed a quanto ci circonda; oppure per noi stessi, per realizzare quanto vogliamo, per i nostri desideri, per dare in qualche modo un compimento a quello che siamo. La dura verità è che chi viene considerato un egoista appartiene alla prima categoria, a coloro che utilizzano quindi la propria energia per gli altri e non per se stessi. Sembra assurdo, ma le cose stanno esattamente così. Un egoista è un individuo che vive per gli altri.
Proviamo a capire come questo avviene. Se si ascolta qualcuno che parla di come ha fregato un altro, di come si è impossessato di qualcosa che non gli apparteneva, di come ha superato un rivale, del modo in cui ha conseguito un successo non facendo gioco di squadra e così via, ci si può facilmente accorgere che il riferimento costante, anche nel linguaggio, sono appunto gli “altri”. Saranno “loro” un riferimento da battere, un ostacolo, un termine di paragone, ed inevitabilmente l’attenzione sarà rivolta all’esterno, appunto ad altro da sé. Se volessimo dare una denominazione più corretta dovremmo appunto definire questa persona “altruista”, nella misura in cui, fosse pure in negativo, si interessa continuamente agli “altri”.
Al contrario, se si immagina una persona che racconta di come è riuscito a dare un senso alla propria vita, a realizzare le proprie potenzialità, ad utilizzare al meglio le proprie risorse, a trasformare in opportunità i propri limiti personali, difficilmente viene in mente di chiamarlo “egoista”. Eppure, pensandoci, questa sarebbe la denominazione più appropriata in quanto questa persona ha necessariamente la propria attenzione rivolta a se stesso, a quello che sente dentro, a quanto gli è necessario, a quanto può fare piuttosto che a quanto fanno gli altri. Ed anche il suo linguaggio sarà allineato in questa direzione. Difficilmente darà, ad esempio, la colpa ad altri e non avrà difficoltà ad assumersi, in prima battuta, le proprie responsabilità.
Curiosamente anche le relazioni interpersonali come l’amicizia e l’amore risentono di tutto questo. Una persona che ha imparato a conoscersi, a rispettare i propri limiti, ad esplorare ed accogliere la propria natura e quindi in sostanza ad amarsi, molto probabilmente maturerà una identica benevola e compassionevole disposizione verso il proprio prossimo. Il fondamentale comandamento cristiano “Ama il prossimo tuo come te stesso” ha esattamente questo significato, altrimenti, oso immaginare, l’ultima parte poteva anche essere omessa, anche nel testo greco. Una persona che ha imparato ad amarsi sarà in grado, inevitabilmente nella stessa misura e modalità, di amare ed essere amata. Se magari si odia o si giudica, a sua volta odierà e giudicherà, e così via.
In termini psicologici l’amore per se stessi ha delle ricadute sorprendenti anche nei disagi. Una persona che impara ad amarsi non avrà difficoltà ad accogliere la propria essenza integralmente, anche nelle parti rese meno gradevoli. Tenderà ad esplorarla, comprenderla, trasformando i limiti in risorse. Diversamente, rifiutandosi di vederla, più facilmente la “proietterà” all’esterno, facendo diventare quindi ostile tutto quanto lo circonda. Il compito della psicoterapia non è quindi “correggere”, alleandosi con l’odio per se stessi, ma integrare. Un processo di accompagnamento all’amore per se stessi e quindi per gli altri, riconoscendoli, finalmente, come simili.
Siamo quindi di fronte ad un incredibile paradosso. Chiamiamo egoisti quelli che hanno attenzione soprattutto per gli altri ed altruisti quelli che l’hanno per se stessi. Un utilissimo spunto di riflessione che possiamo provare a portare nella nostra vita quotidiana.