Resilienza e cambiamenti

I cambiamenti segnano inevitabilmente qualsiasi esistenza. Possono interessare ogni settore della nostra vita, dal lavoro, alla salute, agli affetti, alla condizione economica. Possono essere piccoli o grandi. E possono essere vissuti in modo molto diverso.

Come reagiamo ai cambiamenti?

La maggioranza delle persone tende a non amare molto i cambiamenti. La spiegazione più comune è che la situazione precedente, per quanto spiacevole, è comunque in qualche modo un territorio ormai conosciuto, mentre la novità, per quanto possa essere allettante, ha inevitabilmente lo svantaggio di essere un’esperienza sconosciuta e che quindi percepiamo fuori dal nostro controllo.

Questo aspetto diventa limitante anche per cambiamenti riconosciuti razionalmente come positivi, ad esempio quelli che riguardano il nostro benessere psicofisico.

Non è un caso quindi che al cambiamento viene associata quasi sempre un’accezione negativa. E soprattutto una condizione di rischio. Mi è capitato di chiedere ad un uditorio a cosa associavano la parola “rischio”. Quasi tutti vi hanno associato eventi spiacevoli. Associare ad un possibile cambiamento un miglioramento o un’evoluzione è purtroppo abbastanza raro.

A volte però la necessità di un cambiamento è realmente legata all’insorgere di una difficoltà. Ed infatti l’atteggiamento mentale più vantaggioso per affrontare difficoltà e cambiamenti è abbastanza simile.

Incontriamo qui un termine che in genere definisce questo tipo di atteggiamento mentale: la resilienza.

La resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento. Etimologicamente “resilienza” viene fatta derivare dal latino “resalio”, iterativo di “salio”. Qualcuno propone un collegamento suggestivo tra il significato originario di “resalio”, che connotava anche il gesto di risalire sull’imbarcazione capovolta dalla forza del mare, e l’attuale utilizzo in campo psicologico: entrambi i termini indicano l’atteggiamento di andare avanti senza arrendersi, nonostante le difficoltà.

Impossibile naturalmente esaurire un argomento simile in poche righe. Ma volendo dare qualche semplice indicazione posso dire che una notevole rilevanza la riveste l’uso della nostra attenzione. Se infatti l’attenzione si fissa sugli ostacoli, sulle difficoltà, sui problemi, più facilmente avremo difficoltà nel proseguire il nostro percorso, l’atteggiamento diventerà passivo e negativo. Se invece l’attenzione si concentrerà sul nostro obiettivo e su quanto ci ha portato a sceglierlo, nella soluzione dei problemi saremo sostenuti dalle motivazioni e l’atteggiamento sarà più attivo e risolutivo. Un esempio che spiega meglio questa strategia lo possiamo importare dall’alpinismo. Quando uno scalatore programma l’ascensione ad una montagna la sua attenzione si concentra subito sulla vetta e studia il percorso al contrario, arrivando da li al suo punto di partenza. Così facendo anche il nostro modo di ragionare, i nostri punti di vista, si allargheranno, ci sarà più facile espandere le nostre prospettive evitando per assurdo di creare noi stessi dei limiti alla nostra capacità di azione e responsabilità.

Vi sottopongo un piccolo esercizio, che qualcuno di voi avrà già fatto.

Disegnate, come mostrato sotto, nove puntini su un foglio bianco:

 

puntijpg

Disegnate una linea spezzata formata da 4 segmenti che passi attraverso tutti i nove punti.

La linea deve attraversare ogni punto una sola volta, senza mai alzare la penna dal foglio.

Non disperatevi se non trovate facilmente una soluzione.

Chi riesce a farlo può a buon diritto vantarsene, pochissimi ci riescono senza sforzo.

 

Volete la soluzione? Clicca Qui

 

Cosa vi ha impedito di trovare la soluzione? Quali sono i limiti che magari voi stessi vi siete dati?

Un piccolo spunto di riflessione per migliorarci nell’affrontare un problema